MOAS (Migrant Offshore Aid Station) è tornata in mare ieri mattina per la seconda missione di quest’anno, dopo aver salvato circa 1500 persone nelle prime due settimane di maggio. In sette operazioni di soccorso, l’organizzazione umanitaria ha tratto in salvo 106 bambini, 211 donne (molte di loro incinta) e 1124 uomini, i quali sono stati successivamente assistiti a bordo della Phoenix dal team medico di MSF (Medici Senza Frontiere).
“Quando abbiamo avvistato il primo barcone, ho fatto fatica a trattenere le lacrime. Per quanto ci siamo ormai abituati alle immagini di queste persone disperate, vederle di persona li’ in mezzo al mare fa tutt’altro effetto” ha detto Jason Florio, il fotografo che ha documentato i soccorsi a bordo della Phoenix. “C’è un improvvisa quiete, quasi un senso di sollievo da parte di queste persone appena ci vedono: capiscono che siamo li per aiutarle. Putroppo segue l’agitazione, man mano che ci avviciniamo con i gommoni, cominciano a scalciare per essere i primi ad essere soccorsi. Sono momenti drammatici”.
La percentuale dei migranti salvati quest’anno da MOAS è raddoppiatta rispetto a quella del 2014, quando sono state soccorse circa 3000 persone durante 60 giorni di missione.
Si stima che nel 2015, oltre 1830 persone abbiano perso la vita nel tentativo di raggiungere le coste d’Europa, mentre nel 2014 le vittime sono state circa 3419. Numeri che tuttavia sono da considerarsi approssimativi, poichè molti dei migranti morti provando ad attraversare il Mediterraneo sono svaniti senza traccia, secondo uno studio pubblicato di recente da alcuni ricercatori di Amsterdam.
“Ti si spezza il cuore vedere la disperazione nel volto di questa gente” ha detto Christopher Catrambone, cofondatore di MOAS insieme alla moglie Regina. “Molti dei ragazzi che abbiamo salvato sembra che neanche si rendano conto di cio’ a cui stanno andando incontro. Quello che sanno è che non hanno niente da perdere. Vogliono arrivare in Europa, avere la possibilita’ di una vita dignitosa. Con tutta onesta’, se io fossi nei loro panni farei la stessa cosa”, ha ammesso il fondatore di MOAS.
La maggior parte delle persone salvate il mese scorso da MOAS e assistite da MSF provengono da Eritrea, Siria e altri paesi dell’Africa sub-sahariana.
Mappa interattiva: Come MOAS ha salvato 1441 persone in due settimane
A bordo della M.Y. Phoenix: Storie di sofferenza e speranza
Arrivano esausti, traumatizzati, disidratati e spesso intossicati dal carburante delle loro carrette. Dopo lunghe ore di navigazione e una volta rifocillati e al sicuro a bordo della Phoenix, alcuni dei migranti condividono con l’equipaggio le loro storie di fuga, sofferenza e abusi subiti. Ma anche le loro speranze per una vita migliore. Eccone alcune.
Henok, 14
“Sono in viaggio da solo. I miei genitori sono rimasti ad Asmara. Se non fossi fuggito dall’Eritrea sarei stato costretto ad entrare nell’esercito. La mia famiglia mi ha lasciato andare perchè voleva per me un futuro migliore. È stato molto doloroso per loro vedermi partire. Durante il viaggio ero molto spaventato. Soprattutto in Libia non sei per niente al sicuro. Sono arrivato lì insieme ad altre persone con un bus dal Sudan. Uomini armati, forse soldati, ci hanno presi e messi in un centro di detenzione. Per giorni non abbiamo visto cibo, soltanto un pezzo di pane al giorno. Abbiamo trascorso li’ due mesi. Poi mi è stato chiesto di pagare altri 2000$ per essere imbarcato verso l’Europa. Il viaggio in mare è stato terribile. C’erano tanti bambini che piangevano, donne incinta che soffrivano molto. Io ho provato ad aiutarli come potevo. Tutti hanno paura di morire. Ma ce l’abbiamo fatta. Il mio sogno ora è arrivare in Italia. Voglio andare a scuola. Voglio una nuova vita”.
Sandra, 22
“Sono incinta di otto mesi. In Nigeria facevo la parrucchiera. Ma sono dovuta andare via perchè non riuscivo a guadagnare neanche il necessario per sopravvivere. Che vita è questa? Ho vissuto in Libia per due anni con mio marito. Ho visto cose terribili fatte alle persone in quel paese. Gente arrestata senza motivo, donne abusate. Io e mio marito abbiamo lavorato duro per mettere da parte dei soldi per la traversata. Ma non siamo riusciti a raccogliere abbastanza per tutti e due, percio’ lui è dovuto rimanere in Libia. Sulla barca ho avuto molta paura. Quello che voglio è solo un futuro migliore per me e il mio bambino. Spero di riuscire ad arrivare in Germania e aprire un salone di bellezza. E spero che mio marito riesca a raggiungermi presto”.
Kebebew, 46
“Ho lasciato l’Etiopia per sfuggire alla persecuzione politica. Ho vissuto a Khartoum e lavorato come guardia. Un anno e mezzo fa, mia moglie ha deciso di fare la traversata. Io non volevo che lei partisse, ma ha insistito percio’ l’ho lasciata andare. Mentre era a Tripoli, sotto il controllo dei trafficanti, è stata stuprata. È stato devastante. Quando è arrivata in Germania, ha scoperto di essere incinta. Cosi’ ho deciso di raggiungerla, ha bisogno del mio aiuto. Spero di farcela, abbiamo passato l’inferno. Siamo esseri umani, ci meritiamo una vita migliore”.
MOAS: Migrant Offshore Aid Station è una ONG che fornisce ricerca e soccorso per i migrant nel Mediterraneo. Da quando è stata lanciata, nel 2014, fino ad oggi, ha salvato la vita a 4441 persone.
MOAS, quest’anno in parternship con MSF, continuera’ la sua missione umanitaria nel Mediterraneo per tutta l’estate, fino ad ottobre. L’organizzazione ha lanciato una campagna di raccolta fondi ancora in corso per poter rendere il progetto sostenibile nel lungo periodo. Per fare una donazione, visitawww.moas.eu/donate
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