Art for Good: Intervista con l’artista Pep Walls

Lo scorso marzo, in occasione dell’inaugurazione del Learning and Information Centre, il nuovo progetto realizzato da MOAS in collaborazione con AWAS per fornire opportunità educative alle persone migranti che vivono ad Hal Far a Malta, l’artista spagnolo Pep Walls, ha presentato a tutti i partecipanti il murales intitolato “Another World is Possible”. L’opera d’arte è stata disegnata dall’artista rumena Nada Ree e realizzata da Pep insieme ai residenti dell’Hangar Open Centre. Il progetto fa parte del concorso Art@Climate2030 promosso dall’organizzazione svedese Doing Good.

MOAS ha intervistato l’artista per scoprire di più sul murales e sulle sue opere d’arte.

In occasione dell’inaugurazione del Learning and Info Centre, lo spazio creato da MOAS, in collaborazione con AWAS, per offrire l’opportunità alle persone migranti che vivono ad Hal Far, a Malta, di accedere ai servizi educativi, abbiamo ammirato il murales dal titolo “Another World Is Possible”. Che cosa rappresenta? Puoi dirci di più su questo murales?

“Another World is Possible” è un murales ispirato all’opera creata dall’artista rumena Nada Ree. Il progetto originale è stato premiato in occasione di un concorso internazionale intitolato “Art at Climate 2030”, lanciato dall’associazione svedese “Doing Good”. Gli artisti, provenienti da tutto il mondo, sono stati invitati a presentare opere dedicate al tema del cambiamento climatico e del rispetto dell’ambiente. Le opere premiate sono state trasformate in veri e propri murales realizzati in tutta Europa. L’obiettivo del progetto è quello di attirare l’attenzione sulle sfide che il nostro mondo sta affrontando a causa del cambiamento climatico.

Il disegno di Nada Ree è stato selezionato per Malta, e io sono stato incaricato di realizzare l’opera. Ho adattato la composizione, semplificando le forme e i colori, per dare la possibilità alle persone migranti residenti ad Hal Far di collaborare alla realizzazione dell’opera. Questo design, dal mio punto di vista, è un invito a cambiare il modo in cui interagiamo con il nostro ambiente e la nostra comunità, un invito ad abbracciare nuovi stili di vita sostenibili, ad essere sempre più in contatto con la natura e ad essere solidali all’interno delle nostre comunità.

Per MOAS, l’integrazione, le pari opportunità e il rispetto dei diritti umani sono estremamente importanti, indipendentemente dalla nazionalità, dall’etnia e da qualsiasi altra differenza. In che modo l’arte, e in particolare modo quella dei murales, può veicolare questi messaggi e costruire ponti?

Dopo molti anni di lavoro nel campo della street art, ho iniziato ad apprezzare l’arte non come risultato finale ma come esperienza. Mi interessa più il percorso per la realizzazione del murales piuttosto che il risultato finale. Credo che i murales offrano la possibilità di connettere le persone e costruire una comunità tramite l’arte. Quello che sto cercando di fare, attraverso i laboratori di murales, è aiutare le persone che ne prendono parte a rendersi conto delle possibilità che hanno, del fatto che possono raggiungere gli obiettivi che desiderano lavorando in squadra e costruendo legami con la comunità.

I murales, inoltre, sono sempre stati, per i gruppi emarginati, uno strumento politico che, dando voce, si trasforma in una forma di protesta. Il murales non ha un semplice scopo decorativo, ma si trasforma in un messaggio politico. Con la mia arte, cerco di mandare dei messaggi che incoraggino a cambiare in meglio il mondo.

Le persone migranti presenti nel centro hanno collaborato alla realizzazione del murales. Puoi dirci di più su questa esperienza?

Per me, la cosa più importante quando dipingo un murales è fare in modo che la comunità lo abbracci e si senta orgogliosa. Nella street art, non tutti gli artisti prestano attenzione alla comunità; la maggior parte di loro viaggia all’estero e dipinge un disegno a scelta. A volte, i residenti non sentono alcun legame con essa, e non la abbracceranno mai veramente come parte del loro paesaggio.

Per questo motivo, è essenziale per me entrare in contatto con la comunità con cui sto lavorando, invitarli a eseguire l’opera e discutere con loro il disegno che stiamo dipingendo.

Ad Hal Far abbiamo organizzato un workshop aperto ai residenti per permettere a tutti di partecipare alla realizzazione del murales. L’attività è stata molto gradita, soprattutto dalle famiglie con bambini. Per tre giorni abbiamo riempito la parete con i colori di tutte le persone provenienti da diverse parti del mondo, che parlano lingue diverse e che appartengono a culture diverse. Avere un tale mix di culture che lavorano sullo stesso dipinto è stato davvero stimolante.

Come hai iniziato a occuparti di arte, e perché hai scelto di fare dei murales il tuo punto di forza?

È impossibile stabilire quando ho iniziato ad occuparmi di arte. Dal mio punto di vista, chi sceglie questa strada nasce con un modo diverso di esprimersi e di interagire con gli altri. Abbiamo bisogno di una costante creazione artistica per connetterci con noi stessi e con ciò che ci circonda. Mia madre mi dice spesso che si ricorda di me, da piccolo, che giocavo e dipingevo con i pennarelli e le matite. Quindi, credo di essere sempre stato affascinato dall’espressione artistica, non è solo un lavoro ma anche un percorso di vita con cui si nasce.

L’interesse per i murales è arrivato più tardi. Sono cresciuto a Barcellona, una città piena di graffiti, che hanno sempre attratto la mia attenzione quando andavo in giro. Guardavo sempre i nuovi dipinti nei vari quartieri, riconoscevo i codici dei graffiti e in seguito ho cominciato a realizzare i miei primi murales.

Ho sempre pensato che dipingere in uno studio fosse troppo alienante per me perché voglio entrare in contatto con la vita delle persone. I murales mi hanno permesso di mettere in pratica questa interazione che stavo cercando, e mi hanno anche dato l’opportunità di iniziare a creare opere d’arte partecipative, che è diventata la mia principale occupazione e ricerca artistica.

Nei tuoi murales è spesso presente la questione del cambiamento climatico, un problema che si interseca sempre più con le dinamiche migratorie. Quali messaggi speri di diffondere attraverso il tuo lavoro su questo tema?

Penso che lavorare sul cambiamento climatico insieme alle persone migranti sia estremamente importante perchè possiamo imparare tanto in merito agli effetti reali che l’aumento delle temperature ha sugli ecosistemi.

Alcune persone sono costrette a migrare a causa degli effetti devastanti che il cambiamento climatico sta causando ai loro paesi; nessuno di loro emigra per piacere; ci sono sempre situazioni da cui fuggire, e l’unica soluzione alla fine è cercare una vita migliore all’estero. Alcuni di loro hanno imparato tecniche per adattarsi alle temperature estreme o alle zone assolutamente aride, dove è incredibilmente difficile coltivare qualsiasi cosa, e dovremmo apprendere tali competenze, perché l’Europa potrebbe soffrire trovarsi nelle stesse condizioni tra pochi anni.

Spero che i miei murales ispirino un nuovo modo di interagire con l’ambiente e con gli esseri umani. Dovremmo imparare a rispettare i confini dei nostri ecosistemi e a limitare le nostre emissioni di anidride carbonica, cercare di vivere uno stile di vita più sostenibile e consumare solo ciò di cui abbiamo bisogno. Accogliere i nuovi migranti e lavorare su mezzi per un’integrazione efficace con quelle persone che hanno perso il loro posto a causa del cambiamento climatico. Costruiamo un nuovo mondo in cui possiamo imparare dagli errori del passato e ricominciare da capo prima che sia troppo tardi.

Considerazioni finali

Noi di MOAS crediamo che l’arte possa essere un potente strumento per un cambiamento positivo. L’arte può far luce sulle crisi umanitarie e amplificare le voci di coloro che ne sono colpiti, offrendo una piattaforma per condividere storie ed esperienze. L’arte può trascendere le barriere linguistiche e culturali, creando un ponte di comprensione tra persone provenienti da contesti e culture diverse. Ci consente di connetterci con il nostro patrimonio, comprendere tradizioni diverse e celebrare la ricchezza dell’esperienza umana. Questo apprezzamento per la diversità è vitale per costruire un mondo più pacifico e armonioso.

Siamo molto grati a Pep Walls e a tutti gli artisti che hanno collaborato con MOAS negli ultimi anni. Dall’artista americana Kelly White e la sua collezione di opere “Kaleidoscope of Solidarity”, ad Austin Camilleri, che ha donato una delle sue opere per sostenere il primo evento MOAS Gala. Da GOIN, artista di strada francese che ha creato un’opera chiamata ‘Lady Refugee’ a Grenoble, a Mohamad Ali ‘Dali’ Agrebi e Chakib Zidi che promuovono la solidarietà attraverso la danza e il teatro interattivo, Alfredo Jaar, e il suo ‘The Gift’, e Gianluca Costantini che è autore di bellissime illustrazioni, basate su un’immagine originale di un fotografo MOAS durante le missioni.

 

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