MOAS è in prima linea sul fronte della crisi sanitaria attualmente in corso in Bangladesh. Da ottobre 2017 le nostre Aid Station hanno fornito cure essenziali ad oltre 34.000 persone.
1,2 milioni di persone necessitano assistenza umanitaria in Bangladesh, paese che ospita più di 868.000 rifugiati Rohingya, di cui oltre 655.500 reduci dalle violenze scoppiate in Myanmar lo scorso 25 agosto.
A settembre 2017, dopo aver inaugurato la missione MOAS nel sud-est asiatico, abbiamo portato 40 tonnellate di aiuti umanitari al governo bengalese. Ad ottobre abbiamo aperto la nostra prima Aid Station a Shamlapur, un villaggio di pescatori sul Golfo del Bengala che rappresenta per molti profughi il punto di entrata al paese. In meno di un mese abbiamo aperto la seconda Aid Station ad Unchiprang, un accampamento vicino alla Riserva Naturale di Teknaf che oggi accoglie circa 23.000 persone. Entrambe le Aid Station, o cliniche da campo, offrono assistenza medica primaria e secondaria ai rifugiati Rohingya e servizi emergenziali alla popolazione locale bengalese.
Il contesto
Il contesto medico è complesso. Avendo subito pesanti discriminazioni in Myanmar, pochissimi Rohingya hanno ricevuto attenzioni mediche adeguate nel corso della loro vita. D’altra parte, l’estrema povertà del Bangladesh rurale significa che anche la popolazione locale ha accesso limitato a medici e medicinali.
Le condizioni igieniche sono altamente precarie. Il diffondersi di qualsiasi infezione è facilitato dal sovraffollamento dei campi e degli accampamenti. Frattanto, il rischio di malattie a trasmissione idrica è aumentato dal difficile accesso all’acqua potabile e alle infrastrutture sanitarie.
Secondo l’OIM, l’81% dei campioni d’acqua prelevati da abitazioni in Bangladesh è contaminato con il batterio E. coli. Ogni giorno le nostre Aid Station visitano decine di pazienti ammalati per via del mancato accesso all’acqua potabile.
Inoltre, i Rohingya sono un popolo traumatizzato. Nell’inchiesta pubblicata a dicembre dal nostro partner per la ricerca Xchange, un terribile 46% dei rifugiati intervistati ha detto di aver visto in prima persona l’uccisione di civili in Myanmar. Il 13% ha detto di aver visto o subito abusi sessuali, ma questa cifra probabilmente sottovaluta la realtà, data la stigmatizzazione della violenza sessuale. Sommati al costo fisiologico del duro viaggio in Bangladesh, questi traumi hanno reso molti Rohingya altamente vulnerabili all’esaurimento ed alle malattie.
Rischi e responsi
La principale preoccupazione epidemiologica è la difterite. Questa malattia prevenibile è stata quasi debellata a livello mondiale, ma è tornata negli ultimi anni a mietere vittime in paesi con sistemi sanitari collassati come Yemen, Venezuela e Bangladesh.
A metà gennaio 2018, l’Inter-Sector Coordination Group (ISCG) aveva già registrato, nella regione bengalese di Cox’s Bazar, 3.960 casi clinicamente sospettati di difterite e 31 morti. I bambini sono spropositatamente a rischio: il 74% dei casi riguarda minori di 15 anni. Altri rischi per la comunità rifugiata sono il morbillo, il colera e la diarrea acuta.
Per contrastare l’attuale epidemia di difterite in Bangladesh sono stati vaccinati oltre 315.000 minori. MOAS ha partecipato a questa grande campagna con i propri infermieri, utilizzando la Aid Station di Shamlapur come centro per le vaccinazioni. Ora sono in corso i preparativi per una seconda campagna, che dovrà raggiungere 350.000 bambini.
Un’altra preoccupazione fondamentale è la malnutrizione. Nei campi profughi di Kutapalong, l’ISCG ha avvertito già lo scorso novembre che il 24,3% dei bambini fra i sei mesi e i cinque anni d’età soffre di malnutrizione acuta. Lo stesso report ha sottolineato che la situazione nutrizionale dei bambini al di sotto dei cinque anni è drasticamente peggiorata dall’anno scorso, nonostante gli aiuti forniti.
Si prevede che nel 2018 nasceranno 48.000 bambini Rohingya, ossia circa 130 bambini al giorno. Data la carenza di servizi pre-natali, ostetrici e post-natali nell’area di Cox’s Bazar, MOAS si concentra soprattutto sulle cure materne e pediatriche: il 44% dei nostri pazienti ad oggi è costituito da bambini e il 73% degli adulti da donne.
Arriva l’inverno
Mustaba è venuta alla Aid Station con sua figlia di quattro mesi, Nur Halima, perché entrambe avevano febbre, tosse e mal di gola. Mustaba ci ha detto che la sua famiglia ha sempre freddo di notte perché i materiali di cui è costruito il loro rifugio non li proteggono dalle temperature invernali. I nostri dottori hanno visitato Mustaba e Nur Halima e prescritto le medicine necessarie, ma senza un riparo adeguato è probabile che torneranno ad aver bisogno delle nostre cure.
L’obbiettivo primario delle ONG in Bangladesh durante le prossime settimane sarà limitare l’impatto della stagione piovosa. Qualsiasi alluvione potrebbe avere conseguenze drammatiche: l’UNHCR sta distribuendo materiali per il riparo alle famiglie più a rischio e cercando di aiutarle a spostarsi su terreni più alti. In una situazione sanitaria già instabile, l’inondazione dei sistemi fognari potrebbe facilitare anche la diffusione di malattie mortali.
Nel frattempo, il freddo si fa già sentire. Sono in aumento le malattie causate dalla mancanza di riparo adeguato: ad entrambe le Aid Station, visitiamo spesso pazienti con febbre, tosse e mal di gola. Mentre MOAS continua ad offrire cure mediche fondamentali ad una delle minoranze più perseguitate al mondo, chiediamo alla comunità internazionale di non dimenticare la crisi dei rifugiati Rohingya. L’inverno è in arrivo e la situazione è disperata.
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