Nel 2001 veniva istituita per la prima volta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la Giornata Mondiale del Rifugiato in concomitanza con il 50° anniversario della Convenzione relativa allo status dei rifugiati approvata nel 1951. Per il 2023, il tema centrale è “Compassione in azione” e ha come scopo quello di sensibilizzare le persone sull’importanza della compassione tra esseri umani.
Nel 2023 circa il 2,3% della popolazione mondiale -184 milioni di persone, inclusi 37 milioni di rifugiati- vive fuori dal proprio paese di origine e quasi la metà risiede in paesi a basso e medio reddito. L’UNHCR stima che oltre il 70% dei rifugiati e degli sfollati interni nel mondo provenga dai paesi più vulnerabili al cambiamento climatico e che la percentuale aumenterà nei prossimi anni.
Il cambiamento climatico, l’insicurezza alimentare, la siccità nel Corno d’Africa, il prolungato conflitto in Sudan, le crisi umanitarie in Afghanistan, Siria e Yemen, così come le sofferenze decennali dei Rohingya, sono infatti tutte tragedie che hanno avuto un impatto sul significativo aumento nel numero di sfollati interni e rifugiati nel mondo.
Nonostante il numero crescente di persone che soffrono a causa di carestie, violenze, persecuzioni o disastri naturali, la “compassione” è pero’ lontana dall’essere recepita dalle nostre società e il suo significato è spesso trascurato.
La voce dei rifugiati
MOAS ha parlato con rifugiati che, sebbene provengano da contesti diversi, hanno sperimentato la stessa esperienca di dolore, di allontanamento forzato dalla propria terra, di tutte quelle sfide che essere rifugiato comporta, e ha chiesto cosa significhi per loro la parola compassione.
“Essere un rifugiato significa sopravvivere alla guerra e agli orrori di ciò che sta accadendo in Ucraina. Significa anche mettere tutta la vita in una valigia e allontanarsi dal proprio paese.”
Inna è un’ucraina fuggita dalla città di Kherson a causa della guerra e ora vive a Malta. “Durante il mio viaggio per sfuggire alle violenze, ho incontrato la compassione di molti: è estremamente importante per coloro che vivono le guerre perché questo è ciò che ci aspettiamo dalle persone, per rimanere umani”.
“Essere un rifugiato comporta una vita dolorosa e insopportabile; ho vissuto senza la possibilità di vedere il mio paese d’origine” ci dice invece Mohammed, un rifugiato Rohingya che ha vissuto tutta la sua vita nel campo profughi di Kutupalong in Bangladesh.
“Tuttavia” – ha detto – “ho avuto la fortuna di sperimentare la compassione e avere la possibilità di imparare e migliorare me stesso. Ho avuto l’opportunità di fare volontariato con MOAS, che mi ha insegnato come operare durante la formazione sulla sicurezza contro le inondazioni e gli incendi e aiutare la mia comunità ad affrontare questi pericoli, che sono molto comuni nei campi Rohingya. Come rifugiato, mi sento molto orgoglioso di poter formare le persone sulla risposta alle emergenze e aiutare a salvare vite nei campi profughi“.
Un messaggio dal direttore del MOAS
“Derivata dalle radici latine ‘com-‘ (che significa ‘insieme’) e ‘passion (che significa ‘sofferenza’), la compassione significa riconoscere come nonostante i nostri diversi background ed esperienze siamo tutti interconnessi come esseri umani. La compassione è un linguaggio universale che trascende i confini, portando conforto agli sfollati e speranza ai vulnerabili. La crisi e lo sfollamento possono sconvolgere la vita, ma la compassione può colmare la divisione. E’ per questo che noi di MOAS crediamo che la compassione debba essere trasformata in azione,” ha affermato Regina Catrambone, co-fondatrice e direttrice di MOAS. “Se agiamo con compassione, riconosciamo il dolore e le difficoltà sopportate da persone migranti e rifugiati, restando al loro fianco con solidarietà e facendo tutto il possibile per sostenerli nel loro cammino verso una vita migliore. In questa Settimana del Rifugiato, vogliamo considerare le persone migranti e rifugiati non come dati statistici o fardelli, ma come individui con storie, sogni e potenzialità unici. Attraverso questa comprensione ed empatia condivise, possiamo guarire le ferite, ripristinare la dignità e costruire una comunità globale costruita sulla compassione, la resilienza e la speranza“.
Considerazioni finali
MOAS è solidale con i rifugiati in tutto il mondo e li sostiene laddove possibile. La compassione per noi si trasforma sempre in azione attraverso la nostra missione globale di assistere le comunità vulnerabili in Yemen, Somalia e Sudan e fornire corsi di formazione salvavita sulla sicurezza e la prevenzione in caso di inondazioni e incendi nei campi profughi. Seguici e sostieni l’iniziativa MOAS. Fai la differenza.
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