Nel 2023 la Facoltà di Architettura dell’Università di Malta ha deciso di affrontare una sfida locale che necessitava di grande attenzione, ovvero progettare abitazioni per rifugiati e richiedenti asilo. La riprogettazione del più grande centro di accoglienza di Malta, HTV (Hal Far Tent Village), è stato al centro del lavoro di un gruppo di studenti del primo anno del corso di laurea magistrale in architettura che seguivano un corso di design d’interni come parte del loro curriculum.
Il corso è stato tenuto dall’architetto Sandro Valentino, titolare di Valentino Architects, e dall’architetto William Dodge, fondatore di p-u-b-l-i-c, uno studio multidisciplinare e strategico con sede negli Stati Uniti. Il compito non era affatto facile. Si tratta di un argomento per definizione delicato e il numero di questioni da affrontare aggiunge livelli di complessità a un incarico già di per sé impegnativo. Come si può progettare un ambiente simile a quello di Babele che deve servire come punto di ingresso a Malta per utenti provenienti da una miriade di paesi con culture, lingue, cucine, religioni diversi? L’idea era quella di creare uno spazio che fosse accogliente e confortevole, ma non progettato per la permanenza. Inoltre, come può l’architettura contribuire ad affrontare alcuni dei traumi e delle difficoltà che i rifugiati e i richiedenti asilo incontrano nel lungo e pericoloso viaggio per arrivare qui? Un’ulteriore considerazione da tenere presente è che i centri di accoglienza servono anche per reintrodurre i loro utenti a una maggiore stabilità, una casa temporanea prima che i residenti si integrino in una società molto diversa da quella a cui sono abituati.
Un gruppo di 27 studenti ha accettato questa sfida e, con il supporto di AWAS, ha proposto una visione alternativa su come i centri di accoglienza potrebbero affrontare queste problematiche. MOAS è stata invitata a condividere le proprie esperienze nel lavorare con i rifugiati, fornendo contesto e background, nonché intuizioni nella pianificazione delle esigenze di questo particolare gruppo demografico. In effetti, MOAS ha anche rappresentato il ruolo che le organizzazioni della società civile svolgono negli aspetti più pratici legati alla migrazione. Per affrontare questo difficile compito, il gruppo di studenti è stato suddiviso in sei gruppi, ciascuno incaricato di sviluppare un particolare aspetto del progetto, ma dovendo lavorare in modo collaborativo nel complesso. Indubbiamente, la logistica necessaria per garantire che questi sei processi distinti si armonizzassero è stata uno degli aspetti più difficili. In generale, l’obiettivo era di ideare un ambiente inclusivo e vibrante, dove le prsone migranti si sentissero non prigionieri ma accolti bene ed umanizzati. Un design, insomma, centrato intorno alle persone.
I sei gruppi di studenti sono stati etichettati come segue:
- Struttura: affrontare la disposizione complessiva del centro di accoglienza nel suo insieme / pianificazione urbanistica per questa micro comunità.
- Confini: affrontare i confini intorno al sito, creando un recinto che non sembri tale e che sia aperto pur fornendo sicurezza.
- Cucina: la fornitura degli strumenti necessari agli utenti per ricreare i piatti delle loro culture, individualmente o collettivamente, evitando potenziali pericoli.
- Comunità: l’ingegneria di uno spazio che accolga e incoraggi intrinsecamente la socializzazione, la collaborazione e la costruzione di comunità, rispettando allo stesso tempo le usanze e le credenze individuali.
- Interni: progettazione di interni funzionali ma confortevoli all’interno delle unità abitative prefabbricate in stile container già presenti in loco.
- Canopy: progettazione di efficaci ombreggiature sull’area e sugli spazi domestici per mantenere un clima temperato proteggendo dagli elementi atmosferici.
Gli studenti hanno progettato soluzioni flessibili e modulari capaci di una significativa scalabilità. Le soluzioni proposte hanno dimostrato ingegnosità e creatività, riutilizzando elementi e materiali già disponibili in loco, riconfigurando la disposizione delle unità abitative esistenti e riprogettandole per farle sembrare più come una casa. Tutti gli studenti si sono comportati in modo eccellente nei loro incarichi, ma forse uno degli aspetti più interessanti di questo progetto è che i partecipanti al corso hanno rifiutato di smettere di lavorare su questo tema anche dopo la fine dei loro impegni universitari. Un gruppo di volontari si è riunito questa estate al Valletta Design Cluster per preparare la redazione di un nuovo masterplan progettato insieme agli utenti del servizio. L’idea è che, una volta completato, sarà presentato alle autorità competenti per la considerazione e la potenziale esecuzione, e io, per uno, sono molto curioso e ansioso di vedere cosa proporranno in seguito.
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