L’ACQUA DOVREBBE SEMPRE ESSERE UN DIRITTO…

..Ma nei campi profughi il bicchiere può essere mezzo vuoto.

L’acqua è ovunque. È un elemento vitale per la sopravvivenza del mondo. L’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile n. 6 delinea che dovremmo garantire l’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari a tutti, e sottolinea che l’acqua è un pilastro fondamentale per la produzione di energia e cibo, nonché per la sopravvivenza della specie umana. Infatti, la povertà estrema e le malattie non possono essere completamente eliminate senza l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici. Tuttavia, questa rimane una sfida critica in diverse aree del mondo, in particolare all’interno dei campi profughi.

L’acqua: un diritto umano fondamentale

“È giunto il momento di considerare l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari nell’ambito dei diritti umani, definiti come diritto uguale per tutti, senza discriminazioni, all’accesso ad acqua potabile sufficiente per uso personale e domestico – per bere, lavarsi, vestirsi, cucinare e pulire se stessi e la propria casa – allo scopo di migliorare la qualità della vita e della salute.” È quanto riporta la Risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 2010 (n. 10967), che riconosce ufficialmente l’accesso all’acqua potabile come un diritto umano, insieme al diritto all’igiene. La risoluzione delle Nazioni Unite del 28 luglio 2010 dichiara per la prima volta nella storia il diritto all’acqua “un diritto umano fondamentale e universale” e incoraggia ad impegnarsi per garantire l’accesso all’acqua in tutti i paesi.

Tra aspettative e realtà: dati alla mano

C’è un enorme divario tra teoria e pratica. Infatti, la realtà che circonda l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari è preoccupante. Più di 1 persona su 4 non ha accesso all’acqua pulita e quasi la metà della popolazione mondiale non dispone di servizi igienici adeguati ed è costretta a vivere senza. Oltre 2 miliardi di persone non hanno acqua corrente e sapone per lavarsi le mani in casa, ostacolando così la prevenzione della diffusione di malattie infettive.

In particolare, all’interno dei campi profughi, dove ci sono milioni di persone che soffrono per la mancanza di accesso all’acqua potabile, le conseguenze sono disastrose. I campi per rifugiati spesso non hanno abbastanza acqua per rifornire tutti le persone che vi risiedono, e la maggior parte dei campi profughi nel mondo non è in grado di fornire il minimo raccomandato di 20 litri di acqua al giorno a persona, come stabilito dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per Rifugiati (UNHCR). Inoltre, molti paesi che ospitano rifugiati non dispongono di una quantità di acqua sufficiente.

Il Libano, ad esempio, prima di ospitare un gran numero di rifugiati in fuga dal conflitto siriano, aveva già affrontato una crisi idrica nel suo territorio a causa dell’espansione della popolazione dopo la guerra civile e della mancanza di adeguate politiche idriche. Queste circostanze hanno avuto un forte impatto sull’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari nei campi profughi.

Cause e conseguenze

La scarsa qualità dell’acqua nei campi profughi ha portato al diffondersi di malattie trasmesse attraverso l’acqua come il colera, il tifo e l’epatite. Infatti, l’accesso all’acqua e la sua disponibilità sono importanti la salute, poiché essa non è necessaria solo per il consumo diretto o per cucinare, ma anche per l’igiene, e dunque direttamente correlata alla salute. Infatti, la trasmissione del colera è strettamente legata all’accesso inadeguato all’acqua potabile e ai servizi igienici. I campi profughi sono particolarmente a rischio a causa del mancato rispetto dei requisiti minimi di acqua potabile e servizi igienico-sanitari, in gran parte a causa del sovraffollamento e delle scarse infrastrutture del campo.

Nello Yemen, la mancanza di infrastrutture idriche e di servizi igienici e ospedali, distrutti dai bombardamenti e dai combattimenti via terra, ha generato la peggiore epidemia di colera della storia recente, tuttora in corso. Con quasi 18 milioni di uomini, donne e bambini che non hanno accesso a fonti d’acqua sicure e all’assistenza sanitaria di base, dalla metà del 2017, più di 1,3 milioni di persone sono state infettate e circa 2760 hanno perso la vita, a causa di una malattia che è totalmente prevenibile e curabile. In Siria, a partire dal 2021, solo il 50% dei sistemi idrici e fognari funziona correttamente in tutto il Paese. Intere comunità e quartieri sono stati ridotti in macerie dai combattimenti degli ultimi anni nelle principali città, e quindi o sono privi di servizi igienici o possono usare acqua corrente ed elettricità per pochissime ore al giorno. In questo contesto, la possibilità di contrarre malattie come scabbia, colera e tifo aumenta esponenzialmente.

Non è ancora acqua passata: è ora di agire

Esistono diversi programmi di organismi internazionali volti a garantire a tutti accesso ad acqua potabile e servizi igienico-sanitari efficienti. Il Global Water, Sanitation and Hygiene (WASH) è un programma CDC progettato per migliorare l’accesso all’acqua potabile, ai servizi igienico-sanitari e alle pratiche igieniche. In definitiva, l’obiettivo è trovare soluzioni a lungo termine che riducano la povertà e implementino la salute e lo sviluppo socioeconomico per tutti. WASH ha avuto un impatto positivo presso innumerevoli campi profughi e ha migliorato la crisi idrica per molti. L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile descrive in dettaglio diverse soluzioni plausibili e durature per affrontare e porre fine alla crisi idrica, in particolare avviando e proteggendo politiche che supportino servizi idrici universali e inclusivi. Include anche raccomandazioni per i governi e le agenzie internazionali per rafforzare la governance dell’acqua in correlazione con la migrazione.

La crisi idrica dei rifugiati minaccia la vita di tutte le persone migranti che stanno già fuggendo da realtà pericolose. I continui sforzi di WASH, delle agenzie governative e delle organizzazioni umanitarie sono fondamentali per porre fine a questa crisi idrica.

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