Un mese fa si è svolta a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, la 28esima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. L’accordo raggiunto ha suscitato reazioni contrastanti, considerato da alcuni come qualcosa di storico e da altri come un debole passo verso la risoluzione della crisi climatica. Tuttavia, l’accordo costituisce il primo appello da parte delle nazioni per una transizione dai combustibili fossili, un obiettivo importante e atteso da tempo nella battaglia contro l’aumento del riscaldamento globale.
Il testo dell’accordo riconosce la sfida che ci attende, sottolineando la necessità di ridurre in maniera rapida e significativa le emissioni globali di gas serra. Tuttavia, i paragrafi centrali dell’accordo hanno sollevato non pochi dubbi, la necessità di comprendere e approfondire le azioni proposte e alcune preoccupazioni sugli obiettivi indicati.
Ambiguità negli obiettivi
Sebbene il testo delinei obiettivi ambiziosi per la riduzione delle emissioni, ovvero una riduzione del 43% entro il 2030 e l’aumento della produzione di energia rinnovabile, non riesce a tradurre queste aspirazioni in iniziative attuabili e a breve termine. Ad esempio, l’obiettivo di triplicare la capacità globale di energia rinnovabile e di accelerare i miglioramenti dell’efficienza energetica entro il 2030 non è accompagnato da limiti quantitativi stabiliti, lasciando ai singoli Paesi il compito di individuare valori di riferimento flessibili che potrebbero non essere adeguati a raggiungere i livelli indicati.
Allo stesso modo, l’enfasi sulla transizione dai combustibili fossili, pur essendo un fondamentale riconoscimento della causa principale della crisi climatica, appare meno risoluta di quanto auspicato. L’assenza di una presa di posizione più decisa, come l’eliminazione graduale dei combustibili fossili, solleva preoccupazioni sulla sua efficacia nell’arrestare nuovi investimenti in progetti di combustibili fossili a livello globale.
Scappatoie, preoccupazioni e considerazioni
Il testo include anche disposizioni che hanno preoccupato gli ambientalisti e gli attivisti per il clima. In particolare, la menzione della cattura e dello stoccaggio del carbonio (CCUS) e dei combustibili di transizione come parte della strategia di transizione ha suscitato numerosi dibattiti. Mentre alcuni Paesi hanno sostenuto la CCUS come una soluzione praticabile, altri sollevano preoccupazioni sulla sua scalabilità, sui costi e sull’inefficacia nel ridurre le emissioni, esprimendo un forte scetticismo.
Inoltre, termini come sussidi ai combustibili fossili “inefficienti” e “combustibili di transizione” sono state etichettate come ambigue, consentendo agli Stati un ampio margine di manovra, generando preoccupazioni in merito alla volontà di abbandonare con urgenza i combustibili fossili, fonti di energia non rinnovabili dalle quali continuiamo a essere dipendenti.
Migrazione climatica
Nel contesto più ampio dei risultati della COP28, un’ulteriore dimensione critica che merita attenzione è la migrazione climatica. La struttura della COP presenta infatti molte limitazioni nell’individuare delle soluzioni per far fronte a tale tipologia di migrazione. Questo costringe i singoli Stati a individuare delle alternative al di là della giurisdizione. La proposta dell’Australia di consentire ogni anno a 280 tuvaluani di migrare rivela l’inadeguatezza della proposta della COP, perché ci vorrebbero 40 anni per trasferire l’intera popolazione di Tuvalu. La gestione internazionale dei movimenti migratori causati dagli eventi climatici necessita di una maggiore attenzione e di essere inclusi in un più ampio dibattito sull’azione per il clima.
Colmare il divario: l’urgenza in azione
Il punto cruciale di questa situazione risiede nell’urgenza della crisi climatica contrapposta alla tiepida risposta dell’accordo. La necessità di un’azione immediata e decisiva per ridurre le emissioni, per accelerare la transizione verso le energie rinnovabili e per interrompere gli investimenti nei combustibili fossili richiede oggi una maggiore determinazione. Il linguaggio generico e gli obiettivi di lungo termine dell’accordo non sembrano essere in linea con l’urgenza necessaria ad affrontare l’imminente catastrofe climatica.
Uno sguardo al futuro
Tuttavia, nonostante le preoccupazioni, rimane un barlume di speranza. L’accordo COP28 pone le basi per intensificare gli impegni e creare strategie più solide in futuro. Il testo funge da punto di partenza, rendendo necessari ulteriori passi in avanti per delineare obiettivi più chiari e attuabili in un orizzonte temporale più breve.
All’indomani della COP28, i vertici successivi avranno il compito di affrontare le questioni in sospeso. La necessità di impegni più specifici, limitati nel tempo, in linea con l’urgenza scientifica è evidente. Le deliberazioni future dovranno colmare il divario tra le aspirazioni e le azioni tangibili e immediate.
Considerazioni finali
In sostanza, l’accordo COP28 è una testimonianza del riconoscimento globale della necessità di abbandonare i combustibili fossili. Tuttavia, il suo tono tiepido e i suoi obiettivi ambigui sottolineano l’urgente necessità di misure più efficaci e decisive. La battaglia contro il cambiamento climatico richiede azioni immediate, specifiche e in linea con l’urgenza del rapido cambiamento climatico del nostro pianeta. L’accordo non può essere un punto di arrivo, ma una partenza per un’azione climatica più incisiva negli anni a venire.
Noi di MOAS siamo determinati a continuare la nostra campagna di sensibilizzazione e a far sentire la nostra voce nella lotta contro il cambiamento climatico. In questo modo, speriamo di amplificare la richiesta di tali misure, accelerando così la transizione verso un futuro sostenibile e senza combustibili fossili.
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