Mentre 40 persone sono ancora intrappolate in un limbo in mezzo al Mar Mediterraneo, MOAS chiede ai governi europei di concordare e attuare con urgenza una strategia comune e a lungo termine per lo sbarco e il trasferimento di migranti e richiedenti asilo.
40 persone – che risultano provenienti da Bangladesh, Egitto, Libia, Mali e Nigeria – sono partite mercoledì 11 luglio nella speranza di raggiungere l’Europa a bordo di una piccola barca di legno. Stando alle testimonianze emerse durante la scorsa settimana, il motore dell’imbarcazione ha avuto un’avaria e le persone a bordo sono rimaste per cinque giorni senza cibo o acqua. Alla fine, la barca si è avvicinata a una piattaforma di gas a largo delle coste tunisine e i migranti sono stati trasferiti sulla Sarost 5, cargo di rifornimento della società Miskar.
Inizialmente, l’equipaggio aveva ricevuto dalle autorità tunisine il permesso – successivamente revocato – di sbarcare nel porto di Sfax. In seguito, l’imbarcazione ha cercato invano di entrare nel porto tunisino di Zarzis. Da domenica 15 luglio, equipaggio e naufraghi sono intrappolati ad alcune miglia dalla costa tunisina. Fino ad ora i porti europei sono rimasti chiusi, nonostante la ONG AlarmPhone abbia sottolineato che l’imbarcazione dei migranti era entrata nella zona SAR (Ricerca e Soccorso) maltese prima che questi venissero trasferiti sulla Sarost 5.
Il continuo procrastinarsi dello sbarco rappresenta un grave pericolo per la salute e le condizioni di persone vulnerabili ed esauste. Molti dei naufraghi avranno affrontato viaggi terribili, durati anche mesi, e avranno urgente bisogno di assistenza e cure mediche. A bordo, ci sono anche un uomo ferito, due donne incinte e tre bambini.
Regina Catrambone, co-fondatrice e direttrice MOAS, afferma: “Sono estremamente preoccupata per i 40 migranti in mare dallo scorso 11 luglio. Alcuni giorni fa, abbiamo appreso che le scorte di cibo ed acqua a bordo della Sarost 5 si erano quasi esaurite. Nessun paese è disposto ad accogliere queste persone. Come possiamo rimanere in silenzio davanti ad una simile ingiustizia?”
Nel 2014 MOAS è stata la prima organizzazione gestita dalla società civile impegnata in operazioni di Ricerca e Soccorso in mare. Pertanto, sappiamo bene cosa voglia dire per una ONG salvare vite in mare e siamo consapevoli dei rischi dovuti a inutili ritardi. Alla luce di ciò, MOAS chiede ai governi europei di sviluppare e attuare un piano a lungo termine per lo sbarco e il trasferimento delle persone tratte in salvo nel Mediterraneo.